Il Tribunale di Tivoli, con l’Ordinanza collegiale del 23 luglio 2018, ha avuto il merito di stabilire che i complessi prodotti finanziari, nella prassi conosciuti come “MUTUI BHW”, non contengono i requisiti prescritti dall’ordinamento italiano per valere come titoli esecutivi e, dunque, per iniziare o proseguire un’eventuale esecuzione forzata per espropriazione.
Il collegio del Tribunale civile di Tivoli ha, infatti, stabilito che in siffatti casi il Titolo Esecutivo è costituito da un atto notarile di consenso ad iscrizione ipotecaria, al quale non può riconoscersi natura di riconoscimento del debito titolato, perché nel detto atto notarile non vi è “un mero riferimento al titolo (riconoscimento di debito titolato), bensì un assorbimento del contratto stesso nell’atto notarile che costituisce titolo esecutivo. Per la validità del titolo, deve quindi guardarsi anche a tale contratto, non soltanto in termini di esistenza e validità del rapporto sottostante, bensì in termini di sua idoneità a costituire titolo esecutivo”.
Ebbene, nei predetti Titoli Esecutivi di formazione stragiudiziale, manca o è dubbia la traditio delle somme mutuate. Infatti, il contratto di mutuo, per costate giurisprudenza, può costituire titolo esecutivo esclusivamente se vi è traditio delle somme mutuate (Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 17194 del 27/08/2015, Rv. 636305 – 01), mentre invece nei “MUTUI BHW” è dubbio “il trasferimento della disponibilità delle somme mutuate dalla banca ai mutuatari”. L’atto notarile fa infatti riferimento ad una assegnazione futura e condizionata (cfr. p. G n. 2 dell’atto notarile: “l’importo del mutuo … viene erogato alla parte mutuataria solo ed esclusivamente dopo il verificarsi di tutte le condizioni … di cui al presente atto”) e analogo tenore ha il contratto di mutuo allegato allo stesso (cfr. art. 2 del contratto).
Non ha alcun rilievo il fatto che nell’atto notarile si legga che “la somma sarà accreditata, direttamente alla parte mutuataria attraverso accredito sul C/C n. …./..”, giacché la stessa “nota di erogazione (…) prodotta dalla banca”, da un lato, non riveste la forma pubblica prescritta dalla legge e, dall’altro, “dimostra esclusivamente il trasferimento delle somme in favore del notaio rogante”, sul richiamato conto corrente e non ai mutuatari.“Il tenore dell’atto si appalesa quindi contraddittorio, non potendosi evincere in modo certo dallo stesso se vi sia effettivamente stata traditio delle somme”. I requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità del credito “devono infatti risultare dal titolo stesso, la cui conformità al disposto dell’art. 474 c.p.c. appare oggi fortemente incerta a fronte delle richiamate contraddizioni contenute nell’atto notarile”.
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