Il Tribunale di Viterbo, con la recentissima sentenza pubblicata il 24 aprile 2019, ha sancito un importante precedente in materia di mora usuraria, discostandosi dalla prassi di molti altri Tribunali di merito, con una pronuncia scevra da condizionamenti del potere bancario.
Lo stesso Tribunale ha, infatti, affermato che “gli interessi moratori pur avendo funzione diversa rispetto a quelli corrispettivi, concorrono a determinare le volontà rispetto al contenuto contrattuale, accordandosi le parti in base alle complessive previsioni delle obbligazioni rispettive”. In tal senso, prosegue il Tribunale rilevando che “le conseguenze della mora del debitore, anche se eventuali, sono previste, conosciute e volute sin dal sorgere del rapporto contrattuale e, pertanto, incidono sul contenuto del sinallagma”.
Un ulteriore aspetto innovativo della sentenza emerge proprio dall’affermazione da parte dell’organo giudicante riguardo l’inapplicabilità delle indicazioni della Banca d’Italia, “non rappresentando le stesse un corpo normativo direttamente applicabile ai rapporti tra le parti”.
Il Giudice, dunque, ha riconosciuto il carattere usurario del mutuo, non soltanto ritenendo inapplicabili le indicazioni della Banca d’Italia, ma soprattutto perché la CTU svolta nel corso del procedimento aveva accertato che il tasso di mora stabilito nel contratto di mutuo in questione risultava travalicare il tasso soglia di riferimento fissato alla data della stipula del contratto.
La condanna della Banca alla restituzione integrale di quanto percepito a titolo di interessi, pari ad € 87.200,00, oltre interessi e spese legali, ribadisce il principio, già affermato in precedenza dalla Corte di Cassazione civile con l’ordinanza del 30 Ottobre 2018, n. 27442, secondo cui “è nullo il patto col quale si convengano interessi convenzionali moratori che, alla data della stipula, eccedano il tasso soglia di cui all’art. 2 della legge 7 marzo 1996 n. 108”.
Scarica >> Trib. Viterbo 23 Aprile 2019h