La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la recentissima sentenza n. 12997 del 15 Maggio 2019, con riferimento ai conti correnti non affidati, ha statuito due innovative e pienamente condivisibili interpretazioni dell’art. 2 bis,comma 1, L. n. 2/2009 e dell’art. 140 bis, comma terzo, come modificato, Cod. consumo.
Infatti:
1. ha stabilito, nel confermare l’analisi proposta dai giudici di merito nella sentenza impugnata, che “con riferimento ai conti correnti non affidati, il legislatore, all’art. 2 bis comma 1° L. n. 2/2009, ha inteso sanzionare con la nullità tutte le clausole contrattuali che prevedano commissioni per scoperto di conto– indipendentemente dal fatto che fossero commisurate alla punta del massimo dello scoperto nel trimestre (CMS) o alla durata del medesimo scoperto – trattandosi di commissioni non legate a servizi effettivamente resi dalla banca”.
In proposito è stata del tutto disattesa la tesi dell’Istituto di credito ricorrente, secondo cui, “relativamente ai conti correnti non affidati, il primo comma dell’art. 2 bis L. n. 2/2009” sancisca la nullità delle sole CMS, senza che tale sanzione possa estendersi “anche alla pattuizione di tutte le altre forme di remunerazione”.
In particolare, secondo l’interpretazione della Cassazione, le ulteriori forme di remunerazione disciplinate dal secondo periodo del primo comma dell’art. 2 bis L. n. 2/2009 (per le quali la legge stabilisce la forma scritta ad substantiamdelle relative pattuizioni e la stretta osservanza delle condizioni tassativamente previste dalla norma citata) riguardano solo i conti affidati, come emerge chiaramente dall’esame letterale della norma.
Il secondo periodo del primo comma dell’art. 2 bisL. n. 2/2009, infatti, sancisce che: “…sono altresì nulle le clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione di fondi a favore del cliente titolare di conto corrente indipendentemente dall’effettivo prelevamento della somma, ovvero che prevedono una remunerazione accordata alla banca indipendentemente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente, salvo che il corrispettivo per il servizio di messa a disposizione delle somme sia predeterminato, unitamente al tasso debitore per le somme effettivamente utilizzate, con patto scritto non rinnovabile tacitamente, in misura onnicomprensiva e proporzionale all’importo e alla durata dell’affidamento richiesto dal cliente…”.
Pertanto, la Suprema Corte ha affermato in detta questione che, come emerge dall’esame analitico della norma sopra riportata, il legislatore ha inteso sanzionare con “una previsione generalizzata di nullità(…) tutte le clausoleche prevedano una remunerazioneaccordata dalla banca per la messa a disposizione di fondi a favore del clienteindipendentemente dal prelevamento della somma, ovvero che prevedano una remunerazioneindipendentemente dall’effettiva durata dell’utilizzazione di fondi”. Il tutto, ad eccezione di quei casi in cui “il corrispettivo per il servizio di messa a disposizione delle somme(…) sia stato predeterminato, unitamente al tasso debitore per le somme effettivamente utilizzate, con patto scritto non rinnovabile, in misura omnicomprensiva e proporzionale all’importo e alla durata dell’affidamento”.E ciò, ovviamente, in presenza esclusivamente di un conto affidato.
La Cassazione, peraltro, sottolinea: la ratiodella norma introdotta all’art. 2 biscomma 1° L. n. 2/2009 è proprio quella di prevedere una remunerazione a favore della banca in presenza di servizi effettivamente resi; nel caso di conti correnti non affidati, quale quello in esame, non si può in alcun modo far riferimento a servizi prestati dalla banca, in quanto quest’ultima può “decidere discrezionalmente se tollerare o meno lo scoperto, non essendo minimamente tenuta contrattualmente a mettere a disposizione del cliente alcuna somma e a far quindi fronte alle utilizzazioni oltre la provvista”; relativamente alla norma in esame, “l’intento del legislatore, con riferimento ai conti non affidati, non è quello di sanzionare, in modo particolare, le CMS, ma quello di eliminare, in generale, commissioni non legate a servizi resi dalla banca”.
In conclusione, sul punto, la Suprema Corte con la sentenza in oggetto ha espunto ogni commissione di scoperto di conto dai conti correnti non affidati.
2. Inoltre, i giudici di legittimità, sempre nell’ambito della richiamata decisione, hanno affermato che “nelle azioni di classe introdotte a norma dell’art. 140 bis Cod. cons., i consumatori e gli utenti possono aderire a tali azioni anche tramite fax e posta elettronica, senza l’osservanza di particolari formalità, con la conseguenza che la sottoscrizione degli aderenti non deve essere autenticata con le modalità e a cura dei soggetti di cui al DPR n. 445/2000”.
Ciò in quanto “la novella dell’art. 140 bis Cod. consumo ha previsto la possibilità di aderire all’azione di classe addirittura anche con fax o posta elettronica certificata, modifica coerente con la snellezza di tale azione improntata alla massima deformalizzazione”.
Quanto affermato risulta rilevante perché rende più facile e “praticabile” l’azione di classe da parte di chi aderisce alla stessa, in aggiunta ai soggetti legittimati a proporla, al di fuori di un eccessivo formalismo.
Scarica>> Cass. 15.5.19 n. 12997 (CMS e CSC)