Il Tribunale di Siena, con la recente pronuncia del 14 maggio 2019, ha dichiarato la nullità del contratto di apertura di credito in conto corrente per mancata indicazione del TAEG/ISCe, conseguentemente, ha riconosciuto alla società correntista attrice in giudizio un totale di ristorni pari ad Euro 424.590,27, respingendo integralmente nel contempo la domanda riconvenzionale promossa dalla Banca nei confronti dei garanti, stante la riscontrata nullità della fideiussione omnibus per violazione della normativa antitrust.
Com’è noto, le banche e gli altri intermediari finanziari devonoassolvere innanzitutto ad un dovere di trasparenza informativa nei confronti del cliente, pubblicizzando in modo chiaro, ai sensi degli artt. 116 e 117 TUB, i tassi di interesse, i prezzi e le altre condizioni economiche applicate. Più in particolare, osserva il Tribunale che “L’onere riguarda la pubblicizzazione in modo chiaro di tassi di interesse, prezzi e altre condizioni economiche applicate alle operazioni e ai servizi offerti; ciò anche con riferimento al TAEG/ISC, introdotto dalla direttiva europea n. 90/88/CEE, che rileva in termini di percentuale il costo annuo totale del credito erogato, comprensivo di spese accessorie (es. spese di istruttoria, costi per l’apertura della pratica, spese di incasso, assicurazioni e tutti gli oneri collegati alla concessione del credito da parte dell’intermediario), e dà diritto al cliente di conoscere in anticipo il tasso annuale complessivo di spesa che dovrà affrontare”.
Il suddetto onere di informazione corretta è stato appunto previsto nell’ordinamento italiano, oltre che dagli artt. 2 e 4 della L. n. 154/1992 e dal D.M. 8.7.1992, dalla Delibera CICR del 9.2.2000, nonché dalla delibera del CICR del 4 marzo 2003 e dalle Istruzioni di Vigilanza del 25.07.2003 attuative di tale delibera.
Oggi, l’art. 4 della L. n. 154/1992 risulta di fatto trasfuso nel 4° comma dell’art. 117 TUB che nei contratti di credito imponel’indicazione del “tasso di interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati”.
Partendo dal suddetto assunto, il Giudice di Siena ha rilevato – tramite apposita CTU – che la banca aveva addebitato alla società correntista oneri e commissioni non pattuite, senza mai indicare il TAEG/ISC, ovvero il costo effettivo del credito concesso, neppure nel contratto di finanziamento medio termine stipulato. In tal modo ha riconosciuto alla società correntista “un totale di ristorni pari a€ 424.590,27”, ed il saldo effettivo del conto corrente “è stato legittimamente rideterminato dal CTU espungendo tutti gli oneri non pattuiti, con applicazione del tasso sostitutivo BOT ex art. 117 T.U.B..”
È bene sottolineare che il Giudice di Siena ha correttamente stabilito che “il TAEG/ISC rappresenta un elemento fondamentale del contratto, la cui omessa indicazione costituisce un grave vizio genetico, comportante la nullità del contratto stesso; con conseguente sostituzione del tasso contrattuale con il tasso legale o il tasso minimo dei buoni del tesoro annuali ex art. 117 TUB”, superando quel contrario (e opinabile!) orientamento secondo cui l’omessa e/o non veritiera indicazione dei detti elementi obbligatori (ISC/TAEG) rileverebbe soltanto come illecito, fonte di eventuale responsabilità contrattuale della Banca.
La sentenza in esame, inoltre, si pone in netta contrapposizione con l’assunto di altro Tribunale (Trib. Torino, 30 maggio 2019) il quale, senza neppure ammettere la CTU, invero obbligatoria in siffatti casi, si limita ad affermare di non condividere la perizia di parte in relazione alle spese conteggiate ai fini dell’ISC/TAEG (tra cui le spese per l’assicurazione incendio) e, senza altre indagini, neppure quelle finalizzare a rilevare l’eventuale contestualità tra il mutuo e le spese assicurative sostenute dal cliente e, soprattutto, senza affrontare il problema della correttezza del dato numerico indicato dalla banca rispetto a quello effettivo e reale, che invece – come visto – è un elemento essenziale del contratto, aveva rigettato la domanda.
Da ultimo, va segnalato anche l’ulteriore aspetto della pronuncia del Tribunale di Siena nella parte in cui ha rigettato la domanda riconvenzionale della Banca nei confronti dei fideiussori in quanto le fideiussioni sottoscritte seguivano pedissequamente lo schema ABI censurato dalla Banca d’Italia con provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, con conseguente nullità integrale delle relative fideiussioni. Sul punto richiamiamo l’attenzione su due recenti articoli di Banche e Poteri: “La Nullità Assoluta delle Fideiussioni Omnibus” (https://www.bancheepoteri.it/2019/05/02/la-nullita-assoluta-delle-fideiussioni-omnibus/) e “La Cassazione si ripronuncia sulla nullità assoluta delle fideiussioni omnibus conformi allo schema ABI vietato”: https://www.bancheepoteri.it/2019/06/03/la-cassazione-si-ripronuncia-sulla-nullita-assoluta-delle-fideiussioni-omnibus-conformi-allo-schema-abi-vietato/).
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