IL COSTO OCCULTO DELLE RATE DEI PIANI DI AMMORTAMENTO ALLA FRANCESE VA INSERITO NEI CALCOLI AI FINI DELLA NORMATIVA ANTI-USURA

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IL COSTO OCCULTO DELLE RATE DEI PIANI DI AMMORTAMENTO ALLA FRANCESE VA INSERITO NEI CALCOLI AI FINI DELLA NORMATIVA ANTI-USURA

Il Tribunale di Roma, con la recentissima sentenza n. 2188 dell’8 febbraio 2021 ha stabilito chenei mutui e, più in generale, nei finanziamenti con piano di ammortamento alla francese, il costo occulto, rinvenibile nelle singole rate calcolate in capitalizzazione composta è rilevante ai fini del calcolo del TEG e, quindi, ai fini della normativa antiusura. 

Per la precisione, si legge a pag. 9 nella prefata sentenza che “tra i costi, le commissioni e le spese direttamente collegate all’erogazione del finanziamento vada (rectius: va)incluso anche il costo occulto a carico del mutuatario, insito nell’utilizzo del regime di capitalizzazione compostanella redazione del piano di ammortamento (alla francese); costo pari al differenziale scaturito dal minor importodella rata risultante dall’applicazione del regime di capitalizzazione semplice. 

Ciò a prescindere dall’accettazione esplicita o implicita del regime di capitalizzazione composta degli interessi da parte del mutuatario, posto comunque a conoscenza dell’ammontare complessivo delle rate da pagare per il rimborso graduale del finanziamento.

Difatti, anche in caso di accettazione da parte del mutuatario del regime finanziario di capitalizzazione composta, il predetto costo implicito andrebbe comunque computato ai fini del calcolo del tasso effettivo globale annuo (TEG), al pari di tutti gli altri costi, spese e remunerazioni collegate al finanziamento, incluso il vero e proprio effetto anatocistico di cui all’art. 1283 c.c.

Pertanto, ritenuta la correttezza sia del metodo di utilizzato che dei calcoli elaborati dal CTU, va accertata l’usurarietà del tasso di interesse effettivo (TEG)concordato nel contratto di finanziamento in contestazione. Conseguentemente, va dichiarata, ai sensi dell’art. 1815, co. 2, c.c., la nullità della clausola di pattuizione degli interessi corrispettivi e la gratuità del finanziamento, non essendo dovuto alcun interesse”.

La sentenza in commento ha il pregio di essere molto chiara e giunge alla conclusione sopra riportata, rilevando espressamente che alla stregua di una corretta interpretazione della norma di cui all’art. 644, IV co. c.p., secondo la quale “per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”, è necessario computare, ai fini del calcolo del TEG, anche il costo occulto derivante dall’applicazione di un piano di ammortamento alla francese con calcolo della rata in “capitalizzazione composta”, piuttosto che in “capitalizzazione semplice”.

Si tratta, né più e né meno, del c.d. “differenziale di regime” tra l’ammortamento di un capitale “in regime composto” e l’ammortamento del medesimo capitale “in regime semplice”, applicando il medesimo tasso di interesse.

L’obiter dictum della sentenza in questione è che il nostro ordinamento impone il calcolo lineare e graduale degli interessi, cioè giorno per giorno (art. 821, 3° comma c.c.) ed impone altresì di indicare nel contratto bancario in forma scritta (art. 1284, 3° comma c.c.) il tasso effettivamente applicato “in ragione d’anno” (art. 1284, 1° comma c.c.)[1], con l’ovvia conseguenza che il tasso degli interessi pattuiti deve essere indicato in contratto nella misura concreta, reale ed effettiva, senza cioè che lo stesso tasso di interesse contrattualmente convenuto possa essere surrettiziamente modificato attraverso l’adozione del regime di calcolo del piano di ammortamento in regime composto, piuttosto che di quello semplice.

Ciò significa, in sintesi che, avuto riguardo al combinato disposto degli artt. 821, 3° co. c.c. e 1284 1° co. c.c., gli interessi dei mutui e dei finanziamenti vanno calcolati “in regime semplice”, senza alcuna capitalizzazione.

Precisa, infatti, il Tribunale che “problema distinto dall’effetto anatocistico vietato dall’art. 1283 c.c. ma comune sia al piano di ammortamento alla francese che al piano di ammortamento con metodo italiano, è quello della formula di matematica finanziaria utilizzata per il calcolo di ciascuna rata.

Qualora il piano di ammortamento sia calcolato utilizzando la formula matematica della capitalizzazione composta, gli interessi sono quantificati sulla base di una formula esponenziale, mentre qualora sia calcolato secondo la formula della capitalizzazione semplice, gli interessi hanno uno sviluppo lineare.

Il regime di capitalizzazione composta è più favorevole al debitore per periodi inferiori all’anno e più gravoso per periodi superiori, sicché nel calcolo di mutui ultrannuali la capitalizzazione composta determina un maggior debito per interessi nella stessa misura degli interessi anatocistici, ma senza che ciò derivi dal fenomeno anatocistico contemplato dall’art. 1283 c.c.

In tal caso, infatti, la maggiorazione degli interessi è riconducibile esclusivamente al regime finanziario di capitalizzazione composta utilizzato dalla banca per la determinazione della rata e non alla produzione di interessi su interessi scaduti”(Cfr. sent. pag. 7).

Quindi, secondo il Tribunale di Roma, il maggior costo derivante dall’applicazione del metodo di calcolo degli interessi con la formula della “capitalizzazione composta”, rispetto al minor costo derivante dall’applicazione della formula della “capitalizzazione semplice”, discende dal sistema di capitalizzazione composta e va conteggiato ai fini del calcolo del TEG tra “le commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo” e le“spese”di cui all’art. 644, 4° co. c.p. Pertanto, se annoverando tale “costo occulto” nel calcolo del TEG, il TEG è superiore al Tasso Soglia d’Usura (c.d. TSU), allora va riconosciuta la natura usuraria del mutuo e, ai sensi dell’art. 1815, 2° co. c.c. vanno eliminati tutti gli interessi applicati dall’intermediario finanziario, stabilendo la gratuità del mutuo medesimo.

Sotto tale profilo, trattasi di una sentenza molto innovativa e coraggiosa che ha pochi precedenti in materia, tra i quali va annoverata la sentenza n. 587 del 5 agosto 2020 del Tribunale di Massa (V. www.bancheepoteri.com).

È evidente, infatti, che la conversione del mutuo da oneroso a gratuito fa sorgere in capo al mutuatario il diritto alla ripetizione degli interessi indebitamente versati.

La medesima sentenza, invece, non è condivisibile nella parte in cui, riportandosi altresì al “costante orientamento”del Tribunale di Roma afferma che “il piano di ammortamento alla francese non determina di per sé alcun effetto anatocistico connesso alla illegittima capitalizzazione degli interessi pattuiti”.

Continua il Tribunale affermando che “la caratteristica di un tale piano di rimborso graduale del finanziamento formato da rate costanti con quota capitale crescente e interessi decrescenti, non è quella di operare un’illegittima capitalizzazione degli interessi corrispettivi scaduti e non pagati, posto che la quota interessi di ogni rata è calcolata esclusivamente sull’ammontare del debito residuo del periodo precedente, che è costituito dal capitale dovuto, al netto dell’importo già pagato in linea capitale con le rate precedenti.

Gli interessi convenzionali sono, quindi, calcolati sulla quota capitale ancora dovuta e per il periodo di riferimento della rata, senza capitalizzare in tutto o in parte gli interessi corrisposti nelle rate precedenti.

Ragione per cui, dal momento che gli interessi passivi delle rate pregresse non costituiscono affatto base di calcolo nella rata corrente, il sistema di calcolo c.d. alla francese non può generare alcun effetto anatocistico, vietato ai sensi dell’art. 1283 c.c., né direttamente, né indirettamente” (Cfr. sent. pag. 7).

In realtà, l’effetto anatocistico insito nel piano di ammortamento alla francese è nascosto nella formula matematica propria di tale piano di rimborso e in base alla quale il piano viene sviluppato.

Ciò significa che nel momento stesso in cui viene stilato dalla Banca il piano di ammortamento, già in tale momento si verifica l’effetto anatocistico vietato dall’art. 1283 c.c. e che il documento cartaceo che lo rappresenta, generalmente allegato al contratto, non è di alcun rilievo, se non quale prova. 

Ebbene, tale effetto anatocistico geneticoè insito, come detto, nella formula matematica attraverso la quale si calcola il piano di rimborso. E, si noti, trattasi di unteorema, e quindi di un fatto scientificamente dimostrato (non già di una congettura), ben noto ai matematici e, di riflesso, ben noto alle Banche.   

Nel momento stesso in cui il piano di ammortamento stilato nel regime finanziario della capitalizzazione composta viene configurato si determina “a priori”sia il “monte complessivo degli interessi”[2]da applicare al prestito e sia la “rata costante”mediante la quale il prestito verrà rimborsato per quota-capitale e quota-interessi, attraverso l’applicazione della seguente formula

È bene sottolineare che nella determinazione del c.d. “monte complessivo interessi” l’algoritmo utilizzato per il calcolo della rata nel piano di ammortamento alla francese in capitalizzazione compostaconteggia anche gli interessi che si generano tra una rata e l’altra che, di per sé stesse, sono già comprensive di interessi. In altri termini, viene “capitalizzata” ogni singola rata in cui si articola il piano di ammortamento, che a sua volta viene capitalizzata e così via. L’effetto caratteristico della capitalizzazione composta è, infatti, quello derivante dal cd. “fattore esponenziale”della formula matematica sopra riportata (i.e. l’esponente -n”). Al contrario, la formula per il calcolo della rata nel piano di ammortamento in capitalizzazione semplice (con epoca di equivalenza finanziaria al tempo finale), che è la seguente 

è priva del suddetto “fattore esponenziale”.

Quindi, analizzando il piano di ammortamento che generalmente viene allegato al mutuo, osserviamo che lo stesso viene stilato “alla francese” in capitalizzazione compostapur in mancanza di alcuna previsione contrattuale, come nel caso esaminato dalla sentenza in commento. Di conseguenza, una volta determinato il c.d. “monte complessivo interessi”[3], tali interessi sono stati sommati al capitale e ripartiti nelle singole rate di rimborso del prestito (comprensive di “capitale”ed “interessi”) per essere “spalmati”per tutto il tempo di durata del rimborso del finanziamento. Ciò significa che è soltanto “apparente”, ma non reale, il fenomeno in base al quale gli interessi sono calcolati solo sul capitale residuo, come si potrebbe inopinatamente rilevare, perché in applicazione dell’algoritmo o della formula matematica propria della capitalizzazione composta il “capitale residuo” è di per sé stesso impregnato della “quota interessi”, parte dei quali sono stati via via già pagati con il pagamento delle singole rate in cui si articola il piano. Gli interessi “in composto” si calcolano sul “montante”, quale debito residuo precedente.Il “montante”, nel senso sopra indicato (e come si vedrà meglio appresso), èdi per sé già impregnato di interessi. In pratica, è come se alla scadenza di ogni singola rata si estinguesse il mutuo e poi si ricominciasse daccapo, così e come avveniva nei conti correnti bancari alla “chiusura” trimestrale del conto. Quindi, con le suddette precisazioni si può affermare che le quote interessi sono calcolate, in entrambi i regimi finanziari, come prodotto del debito residuo precedente per il tasso periodale, ma nel regime della capitalizzazione semplice, tale risultato va ulteriormente moltiplicato per il fattore di attualizzazione (in capitalizzazione semplice) relativo all’intervallo di tempo intercorrente tra la scadenza corrente della rata e l’epoca finale dell’operazione finanziaria di prestito. Nel regime della capitalizzazione composta bisogna tener conto, inoltre, del c.d. “fattore esponenziale”, di cui s’è detto. 

In realtà, non rileva che le singole rate di interessi siano via via pagate (o semplicemente capitalizzate), perché l’effetto del “fattore esponenziale” del piano si è già verificato al momento del calcolo “dell’insieme complessivo delle quote interessi”e nella sua distribuzione su ogni singola rata.

Dunque, la spiegazione del fenomeno va ricercata nella distinzione tra “interessi semplici” (in “regime di capitalizzazione semplice”) e interessi composti (in “regime di capitalizzazione composta”).

L’interesse viene detto “semplice” quando è proporzionale al capitale e al tempo. 

Quindi, si può parlare di capitalizzazione con applicazione di interessi “semplici” (ossia di capitalizzazione degli interessi “in regime semplice”) quando gli interessi, maturati da un dato capitale nel periodo di tempo considerato, non vengono aggiunti al capitale che li ha prodotti (non producono cioè un fenomeno di capitalizzazione) e, quindi, non maturano a loro volta interessi, in perfetta osservanza dell’art. 821 c.c.

Al contrario, l’interesse viene detto “composto” quando, invece di essere pagato o riscosso, è aggiunto al capitale iniziale che lo ha prodotto. Questo comporta che alla maturazione degli interessi il montante verrà riutilizzato come capitale iniziale per il periodo successivo, ovverosia che anche l’interesse produce interesse. Quindi si può parlare di capitalizzazione degli interessi “in regime composto” quando ad ogni scadenza di pagamento, gli interessi maturati vengono aggiunti al capitale, ancorché una parte di essi ne sia versata (essendo stata previamente conteggiata ai fini dell’applicazione della formula matematica del “regime composto”), come accade – appunto – nel piano di rimborso cd. “alla francese”.

È errato ritenere che gli interessi vengono conteggiati dedotto il capitale versato con la rata precedente[4], perché tale assunto è proprio di chi non ha affatto una visione empirica e completa del fenomeno, ma solo apparente, parziale e fuorviante, legata cioè al prospetto o documento cartaceo del cd. “piano di ammortamento allegato al contratto”, che in realtà non ha alcun rilievo, perché nasconde l’effetto del “fattore esponenziale” proprio e caratteristico dell’algoritmo applicato per redigerlo. Il valore del documento cartaceo è solo di prova del tipo di capitalizzazione applicata.

In parole povere, generalmente, in un mutuo ventennale con rate mensili, ciascuna delle duecentoquaranta ratein cui si articola il piano di ammortamento del finanziamento, nasconde l’effetto esponenziale del calcolo “alla duecentoquarantesima”, connaturato nel meccanismo di calcolo applicato per stilarlo.

Nel piano di ammortamento alla francese di solito riportato in allegato al finanziamento, infatti, gli interessi vengono conteggiati mediante l’applicazione del regime composto. Ciò significa che tale piano di ammortamento genera di per sé stesso, un fenomeno di capitalizzazione di interessi su interessi e, dunque, un effetto anatocistico vietato dall’art. 821, 3° co. e dall’art. 1283 c.c.

Per giunta, non ha senso logico, prima ancora che giuridico, affermare che l’ammortamento alla francese “in capitalizzazione composta” genera anatocismo finanziario, ma non giuridico, perché non investe gli interessi “scaduti” o “maturati” che dir si voglia. La suddetta affermazione è contraddetta innanzitutto dal principio di sussunzione cui i giuristi sono soggetti.

Quanto alla sussistenza dell’effetto anatocistico vietato dall’art. 1283 c.c. bisogna innanzitutto sgombrare il campo da quella tesi secondo cui “Nello specifico l’approccio all’anatocismo bancario proposto da parte attrice trascura il dato normativo, che si riferisce esclusivamente alla produzione di interessi su interessi scaduti (art. 1283 c.c.: “gli interessi scaduti possono produrre interessi solo …” art. 120 comma 2 TUB: “gli interessi debitori maturati …. non possono produrre interessi ulteriori)”(Cfr. Trib. Roma sent. n. 17766 del 19.9.2019 – Est. Dr. Carlomagno). In altri termini, secondo taluni giudici l’effetto anatocistico vietato dall’art. 1283 c.c. presuppone che gli interessi siano scaduti o maturati, mentre invece nella fattispecie in esame non ricorrerebbe la detta ipotesi della “maturazione degli interessi”

Tale tesi non è sostenibile, atteso che dottrina e giurisprudenza prevalente ritengono che il divieto di pattuizione implicito dell’art. 1283 c.c. sia esteso ad ogni tipologia di interessi pecuniari (e, quindi, non solo agli scaduti) e che il requisito di interessi scaduti, esigibili e dovuti per almeno sei mesi costituisca la sola condizione, sine qua non, di producibilità degli interessi su interessi(Cfr. R. Razzante, “La Cassazione ha tumulato l’anatocismo”, filodiritto.it, 13 febbraio 2016; anche C. Colombo, L’anatocismo, Giuffré, 2007, pag. 79, dove sul punto si richiama altresì Cass. n. 3500/86, Cass. n. 3805/04; Cass. n. 17813/02; Cass. n. 11097/04 e in dottrina, A. Nigro, “L’anatocismo nei rapporti bancari: una storia infinita?”, in Diritto Bancario, 2001; D. Sinesio, “Il recente dibattito sull’anatocismo nel conto corrente bancario: profili problematici”, in Dir. E giur. 2000). L’art. 821, 3° co. c.c. prevede la capitalizzazione semplice come sistema ordinario di calcolo degli interessi. L’art. 1283 c.c., prevede le ipotesi tassative di deroga.

L’effetto “capitalizzazione degli interessi” è evidente se – per assurdo – si volesse raddoppiare il tasso di interessi, cioè il TAN. In tal caso, ci si aspetterebbe, un “insieme complessivo di interessi”raddoppiato, mentre invece tale fenomeno non si verifica, perché raddoppiando il TAN, il “monte interessi”[5]si accresce molto più del doppio, proprio quale effetto tipico della “capitalizzazione composta degli interessi”.

Il fenomeno anatocistico si nasconde, infatti, nel metodo di calcolo, cioè nella formula matematica che la Banca utilizza per sviluppare il piano di ammortamento. Con maggiore o minore incidenza esso risiede in ogni singola rata, in cui si sviluppa il piano di rimborso “in composto”. È il “montante” che viene utilizzato nel piano “in composto” ad essere di per sé impregnato di interessi virtualmente “scaduti” e/o “maturati”, che poi a loro volta vengono riconteggiati e così via. 

Quindi, per concludere, non è un problema di interessi “scaduti” o “maturati” ad impedire l’applicabilità dell’art. 1283 c.c., perché nel momento stesso in cui, in applicazione della formula matematica del “composto” (sopra riportata), vengono conteggiati più volte gli stessi interessi sul “montante” di volta in volta preso a riferimento (mediante il c.d. “fattore esponenziale” della formula del “composto”), è chiaro che tale montante è, di per sé stesso, comprensivo di interessi già capitalizzati. Quindi, nel metodo di ammortamento alla francese in capitalizzazione composta si verifica l’effetto anatocistico di cui all’art. 1283 c.c.

Più precisamente, il metodo di ammortamento in questione (CC) prevede l’applicazione di interessi composti che, al momento del calcolo, invece di essere pagati o riscossi, vengono aggiunti al capitale iniziale che li ha prodotti mediante una capitalizzazione infra-annuale avente cadenza mensile o, comunque, infrannuale coincidente alla periodicità delle liquidazioni delle singole rate del finanziamento. Il problema, quindi, non riguarda il pagamento o la capitalizzazione: tali concetti coincidono per la matematica finanziaria. La differenza sta nel fatto che gli interessi, calcolati in capitalizzazione composta (CC), con le peculiarità della formula sopra sommariamente enunciate, vanno pagati ad ogni scadenza, ma ciononostante producono effetto anatocistico per le ragioni sopra esposte; mentre invece gli interessi calcolati in capitalizzazione semplice (CS) vanno pagati alla fine, salva la possibilità di pagarli anticipatamente ad ogni scadenza, attualizzandoli[6], ma non producono effetto anatocistico per quanto sopra evidenziato.

L’effetto anatocistico proprio dei piani di ammortamento in “capitalizzazione composta (CC) è facilmente individuabile ed è quantificabile nel “costo occulto” o “differenziale di regime” che il Tribunale di Roma ha ritenuto, correttamente, di conteggiare ai fini del calcolo del TEG, pur non parlando di interessi anatocistici. Si legge a pag. 8 della sentenza in commento che il CTU, “preso atto che il piano di ammortamento contrattuale segue il regime della capitalizzazione composta (…) ha incluso nel calcolo per la determinazione del TEG da confrontare con il TSU ai fini della verifica dell’usura, anche il maggior costo (onere implicito) corrispondente alla differenza tra la rata costante (calcolata in regime di capitalizzazione composta) e quella risultante dall’applicazione del regime finanziario della capitalizzazione semplice”(Cfr. sent. pag. 8). In realtà, trattasi del valore attuale della differenza, da calcolarsi come “costo inziale”, rilevante ai fini del TEG. Sul punto, il Tribunale è inequivocabile: va “considerato tra i costi del finanziamento anche il costo implicito calcolato sul differenziale scaturito dal minor importo della rata in applicazione del regime finanziario della capitalizzazione semplice”(Cfr. sent. pag. 9).

Continua, infine, il Tribunale affermando che “la peculiarità dell’ammortamento alla francese è soltanto quella della diversa costruzione delle rate costanti in cui la quota degli interessi e quella di capitale variano al solo fine di privilegiare, nel tempo, la restituzione degli interessi rispetto al capitale. Né si può sostenere che si sia in presenza di un interesse composto per il solo fatto che il metodo di ammortamento alla francese determina inizialmente un maggior onere di interessi rispetto al piano di ammortamento all’italiana che, invece, si fonda su rate a capitale costante. In realtà, il piano di ammortamento alla francese risulta più rispettoso del principio di cui all’art. 1194 c.c. in quanto prevede un criterio di restituzione del debito che privilegia, sotto il profilo cronologico, l’imputazione ad interessi rispetto quella a capitale”.

Alla luce di quanto sopra esposto, è chiaro che l’art. 1194 c.c. opera su un piano diverso da quello di cui agli artt. 1283, 1284 c.c. e/o dell’art. 117, 4° comma TUB. L’art. 1194 c.c. ha riguardo all’imputazione delle rate, mentre gli artt. 1283 e 1284 c.c. disciplinano, rispettivamente, il divieto di anatocismo e le modalità, formali e sostanziali, di regolazione degli interessi. L’art. 117, 4° co. TUB, si lega infine alle previsioni del 1° e 3° comma del medesimo articolo e svolge la stessa funzione dell’art. 1284 c.c., avuto riguardo però ai contratti bancari. Peraltro, anche l’ammortamento “in semplice” può essere strutturato in modo da privilegiare prima la restituzione degli interessi e poi quella del capitale[7].

Quindi i due piani su cui operano le norme citate non sono affatto sovrapponibili.

Pare appena il caso di puntualizzare, al riguardo, che il calcolo della “rata costante” in “capitalizzazione semplice” corrisponde all’applicazione di un tasso di interesse sensibilmente più altodi quello indicato dalla Banca “in composto” e, dunque, un tasso di interesse nominale diversoda quello indicato nel contratto. Parimenti, calcolando l’ammortamento del finanziamento “in regime semplice” allo stesso tasso di interesse contrattualizzato, l’entità della “rata costante”risulta sensibilmente inferiorea quella indicata nell’ammortamento “in regime composto”.

Dunque, proprio in relazione all’intrinseca discrasia tra tasso nominale/rata “in composto”e tasso nominale/rata “in semplice”, a seguito dell’applicazione di un piano di ammortamento “alla francese” al tasso contrattuale nominale, in ossequio a quanto statuito dal Tribunale di Roma si genera un “costo occulto” rilevante ai fini del calcolo del TEG. 

Inoltre, il tasso contrattuale, alla luce di quanto sopra esposto, risulta indeterminato, con conseguente assoluta incertezza del tasso di interesse di fatto applicato, in palese violazione dell’art. 1284 c.c.(Cfr. Corte d’Appello di Campobasso sent. n. 412 del 05/12/2019; Corte d’Appello di Bari 3.11.2020 n. 1890).

Ciò significa che si genera altresì un significativo “effetto sorpresa”, rilevante anche ai sensi dell’art. 1195 c.c. o, comunque, una significativa mancanza di conoscenza e, quindi, di consenso avuto riguardo alle regole che caratterizzano il processo di ammortamento secondo i diversi regimi finanziari sopra analizzati. Giuridicamente, la mancata indicazione del regime finanziario applicato può determinare indeterminatezza dell’oggetto contrattuale, con conseguente incertezza del tasso di interesse effettivo applicato. Pertanto, in subordine rispetto al rilievo dell’usurarietà del finanziamento, l’ammortamento del mutuo va rideterminato in applicazione dei criteri legali indicati nell’art. 1284, 3° co. c.c. ovvero, nel 7° comma dell’art. 117 TUB. Quest’ultimo criterio ci pare preferibile, vertendo in materia di contratti bancari, tra i quali vanno senz’altro annoverati i mutui o i finanziamenti in genere.

Scarica >> Tribunale di Roma, sentenza n. 2188 dell’8 febbraio 2021


[1]L’art. 1284 1° co. c.c. stabilisce il tasso legale come tasso effettivamente applicato in ragione d’anno e ne attribuisce la facoltà di modificarlo ad apposito decreto del Ministero del Tesoro, che deve calcolarlo “sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso d’inflazione registrato nell’anno”

[2]Il concetto di “monte complessivo degli interessi”viene utilizzato – in senso prettamente giuridico e fattuale, non di matematica finanziaria – per esprimere l’entità complessiva degli interessi che il rimborso rateale del capitale finanziato sarà in grado di generare in base alla durata, alla formula matematica del piano di rimborso e al tasso contrattuale. Dal punto di vista della matematica finanziaria sarebbe preferibile parlare di “insieme complessivo delle quote interessi”(Cfr. Annibali A. + a. – “Breve nota di commento all’articolo dell’avv. Antonio Tanza su l’ammortamento di un prestito”– www.attuariale.eu)

[3]Nel senso di “insieme complessivo delle quote interessi”(Cfr. Annibali A. + a. cit.)

[4]Cfr. Stefano Chiodi “Mutuo e sistema delle tutele” pag. 776 e ss. – (2020) Giuffrè Francis Lefebvre 

[5]Inteso nel senso di “insieme complessivo degli interessi”prodotti da un finanziamento con rimborso ultrannuale, con rate mensili o, comunque, di periodicità infrannuale

[6]Cfr. Annibali A. + a. “Ammortamento in capitalizzazione semplice di mutui “alla francese”: analisi e confronto dei modelli proposti o in uso” – www. attuariale.eu

[7]A. Annibali + a. – “Giusta nota per dimostrare “si spera definitivamente” la presenza di anatocismo nell’ammortamento di mutui “alla francese” stilati secondo le leggi del regime finanziario della capitalizzazione composta”inwww.attuariale.eu