Le criticità dei mutui derivanti dal Piano di Ammortamento alla francese. Normativa e Giurisprudenza

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Le criticità dei mutui derivanti dal Piano di Ammortamento alla francese. Normativa e Giurisprudenza

a) IL PIANO DI AMMORTAMENTO ALLA FRANCESE

Nell’ultimo anno sono intervenute una serie di sentenze di merito (e prima ancora ordinanze di ammissione di CTU) che hanno alfine affrontato gli effetti del piano di ammortamento alla francese nei contratti di mutuo.

Cito al riguardo solo le più recenti:

  • Tribunale di Massa, sent. 13 novembre 2018;
  • Tribunale di Lucca Sent. n. 763 del 10 maggio 2018;
  • Tribunale di Roma, Ordinanza di determinazione del quesito al CTU dell’8 maggio 2018;
  • Tribunale di Ferrara Sent. n. 287 del 20 aprile 2018;
  • Tribunale di Roma, CTU del 10 marzo 2018;
  • Tribunale di Napoli Sent. n. 1558 del 13 febbraio 2018;
  • Tribunale di Palermo, Sez. 5°, Sent. del 30/06/2016

Trattasi di sentenze e ordinanze emesse da diversi Tribunali, a dimostrazione che la problematica afferente agli effetti del piano di ammortamento alla francese nei contratti di mutuo è molto sentita
su tutto il territorio nazionale.

COS’È IL PIANO DI AMMORTAMENTO ALLA FRANCESE

Il piano di ammortamento alla francese è il piano di rimborso del mutuo e/o del finanziamento, caratterizzato dall’avere una rata di rimborso costante nel tempo, con la quale viene rimborsato sia il capitale mutuato e sia gli interessi. Per la precisione, le rate del piano di ammortamento sono costituite da una quota del capitale rimborsato, che è sempre crescente e da una quota di interessi, che è sempre decrescente.

In breve, le prime rate del piano di rimborso sono caratterizzate dall’essere prevalentemente costituite da interessi e in minima parte percentuale dal capitale rimborsato. Le ultime rate del piano di rimborso sono invece costituite prevalentemente da capitale e in minima parte da interessi.
È indifferente che il mutuo (o finanziamento) sia a tasso fisso o a tasso variabile, perché è possibile prevedere rate di rimborso costanti anche nei mutui a tasso variabile, prevedendo dei meccanismi periodici di adeguamento delle rate pagate in rapporto al variare dei tassi di riferimento.

Nella prassi i piani di ammortamento vengono allegati ai contratti di mutuo (o finanziamento) con lo scopo di consentire ai mutuatari di avere evidenza delle singole rate dovute e della composizione delle stesse di quote di capitale e di interessi.

I contratti esaminati prevedono normalmente l’obbligo del mutuatario di rimborsare la somma mutuata con gli interessi in rate periodiche (mensili, trimestrali, semestrali ecc.) comprensive di capitale ed interessi secondo il piano di ammortamento alla francese, che viene – appunto – allegato e generalmente sottoscritto.

La giurisprudenza, per lungo tempo ha escluso che il piano di ammortamento alla francese potesse produrre un effetto anatocistico, vietato dall’art. 1283 c.c. e dagli artt. 3 e 6 della Delibera CICR del 9 febbraio 2000, oltre che dall’art. 120 TUB nell’attuale formulazione, oppure che determini una difformità tra il tasso di interesse indicato nel contratto e quello effettivamente applicato, in violazione dell’art. 1284 c.c.

Come visto, infatti, secondo il metodo francese la quota di interessi è più alta nel primo periodo e decresce nel corso dell’ammortamento, mentre, al contrario, la quota di capitale è più bassa all’inizio e cresce progressivamente (secondo una legge di progressione geometrica che è tipica della capitalizzazione composta). Per questo motivo l’ammortamento francese è anche detto “progressivo“.

La specifica composizione delle due quote che compongono la rata determina una rata costante, ossia di importo sempre uguale per tutta la durata dell’ammortamento. Per questo motivo l’ammortamento francese è anche detto “a rata costante1.

Le argomentazioni che vengono generalmente addotte per negare l’effetto anatocistico nei piani di ammortamento cd. “alla francese” sono le seguenti:
“…Secondo il metodo dell’ammortamento c.d. francese, una volta individuato (sulla base della formula matematica di cui sopra) l’ammontare della rata costante, la costruzione del piano di rimborso procede quindi secondo i seguenti passaggi, e cioè: 1) si calcolano gli interessi sul debito iniziale e si determina la quota interessi della prima rata: 2) si sottrae la quota interesse così individuata dalla rata costante e si ricava per differenza la quota capitale della prima rata; 3) la quota capitale di tale prima rata si porta in detrazione dal debito iniziale e si ottiene il debito residuo; 4) sul debito residuo rinveniente dalla prima rata si calcola la quota interessi della seconda rata; 5) dalla rata costante si ricava per differenza la quota capitale della seconda rata: 6) la quota capitale della seconda rata va a ridurre il debito residuo su cui si calcola la quota interessi della terza rata, e così di seguito fino all’ultima rata.
(…)
Invero, dalla ricostruzione sopra operata risulta evidente come tale metodo non implichi, per definizione, alcun fenomeno di capitalizzazione degli interessi (consentito, come ben noto anche nei contratti di mutuo nei soli limiti di cui all’art. 1283 cod. civ.: cfr. Cass. 20 febbraio 2003, n. 2593). Il metodo francese comporta infatti che gli interessi vengano comunque calcolati unicamente sulla quota capitale via via decrescente e per il periodo corrispondente a quello di ciascuna rata.
In altri termini, nel sistema progressivo ciascuna rata comporta la liquidazione ed il pagamento di tutti (ed unicamente de)gli interessi dovuti per il periodo cui la rata stessa si riferisce. Tale importo viene quindi integralmente pagato con la rata laddove la residua quota di essa va già ad estinguere il capitale. Ciò non comporta tuttavia capitalizzazione degli interessi, atteso che gli interessi conglobati nella rata successiva sono a loro volta calcolati unicamente sulla residua quota di capitale ovverosia sul capitale originario detratto l’importo già pagato con la rata o le rate precedenti.
(…)
Ne consegue, altresì, che neppure può configurarsi la violazione dell’art. 1284 cod. civ. (disposizione pure invocata da gli opponenti).
Infatti, a prescindere da ogni rilievo circa la confusione – sottesa alla doglianza spiegata – tra tasso pattuito (per vero, esattamente indicato per iscritto nel contratto di mutuo) ed il costo materiale dell’operazione di prestito (che potrebbe risultare maggiore laddove il contratto contemplasse il ricorso all’interesse composto e quindi alla capitalizzazione degli interessi, da valutarsi nei limiti di cui all’art. 1283 cod. civ.) è appena il caso di rilevare come la circostanza che il sistema di ammortamento c.d. francese non dia comunque luogo ad alcun fenomeno di capitalizzazione degli interessi esclude anche, di conseguenza, alcuna discordanza tra il tasso pattuito per iscritto e quello eventualmente effettivo….”
(Cfr. TRIBUNALE di PISA sent. n. 491/2017).

Non è, parimenti, condivisibile quell’orientamento giurisprudenziale, secondo cui “nei c.d. mutui ad ammortamento, la formazione delle rate di rimborso, nella misura composita predeterminata di capitale ed interessi, attiene alle mere modalità di adempimento di due obbligazioni poste a carico del mutuatario – aventi ad oggetto l’una la restituzione della somma ricevuta in prestito e l’altra la corresponsione degli interessi per il suo godimento, che sono ontologicamente distinte e rispondono a finalità diverse. Il fatto che nella rata esse concorrano, allo scopo di consentire all’obbligato di adempiervi in via differita nel tempo, non è dunque sufficiente a mutarne la natura nè ad eliminarne l’autonomia” (V. Cass. n. 2593/03 e, in motivazione Cass. nn. 28663/13 e 603/13, nonché Cass. n. 2072/13).

In realtà, la suddetta spiegazione non convince, perché è solo empirica ed apparente. È come se ci limitassimo a ritenere che la terra è piatta o che è il sole a girare intorno alla terra, perché così appare per la semplice constatazione dei fenomeni empirici dell’alba e del tramonto.

Così e come non può essere condivisa la spiegazione secondo cui, posto che nelle singole rate del piano di ammortamento la quota di interessi è sempre decrescente, ciò dimostra che è calcolata su un capitale da rimborsare via via minore e, quindi, non si verifica alcun effetto anatocistico.

Anche in tal caso, la spiegazione è meramente empirica ed apparente: è come dire che il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto, dipende dai punti di vista. Alla stessa si può opporre che le quote di capitale sono sempre crescenti proprio perché vengono capitalizzati man mano interessi sulle singole rate pagate, tant’è che il piano di ammortamento alla francese è anche detto “progressivo”. Né può ritenersi che il fenomeno della capitalizzazione degli interessi proprio del piano di ammortamento alla francese, in violazione dell’art. 1283 c.c., sia consentito nei mutui, perché sarebbe come dire che l’art. 1283 c.c. non si applica ai mutui, e ciò è contraddetto dalla Suprema Corte di Cassazione che, come visto, ritiene che il fenomeno della capitalizzazione degli interessi sia consentito, anche nei contratti di mutuo, nei soli limiti di cui all’art. 1283 cod. civ. (Cfr. Cass. 20 febbraio 2003, n. 2593).

Al contrario la spiegazione del fenomeno deve essere ricercata sui principi che regolano la capitalizzazione

  • con interessi semplici
  • con interessi composti2

Infatti, oltre che dall’entità della percentuale, i tassi d’interesse sono caratterizzati dal cosiddetto regime di capitalizzazione degli interessi medesimi, che può essere semplice o composto.

CAPITALIZZAZIONE CON APPLICAZIONE DI INTERESSI SEMPLICI

Interesse semplice

L’interesse viene detto semplice quando è proporzionale al capitale e al tempo.
Quindi si può parlare di capitalizzazione con applicazione di interessi semplici quando gli interessi, maturati da un dato capitale nel periodo di tempo considerato, non vengono aggiunti al capitale che li ha prodotti (capitalizzazione) e, quindi, non maturano a loro volta interessi.

CAPITALIZZAZIONE CON APPLICAZIONE DI INTERESSI COMPOSTI

Interesse composto

L’interesse viene detto composto quando, invece di essere pagato o riscosso, è aggiunto al capitale iniziale che lo ha prodotto. Questo comporta che alla maturazione degli interessi il montante verrà riutilizzato come capitale iniziale per il periodo successivo, ovverosia che anche l’interesse produce interesse3.

Nel piano di ammortamento alla francese gli interessi vengono generalmente conteggiati mediante l’applicazione di un interesse composto. Ciò significa che tale piano di ammortamento genera di per sé stesso, un fenomeno di capitalizzazione di interessi su interessi e, dunque, un effetto anatocistico vietato dall’art. 1283 c.c.

Né si dica che l’effetto anatocistico vietato dall’art. 1283 c.c. presuppone che gli interessi siano maturati, mentre invece nella fattispecie in esame non ricorrerebbe la detta ipotesi della “maturazione degli interessi”. Infatti, l’algoritmo di calcolo che la Banca applica al momento della redazione del piano di ammortamento precostituisce un piano di rimborso del mutuo che annida o nasconde il suddetto effetto anotocistico vietato.

La prova di tale circostanza può essere facilmente fornita ipotizzando la restituzione di un prestito regolato in conto corrente con pagamento di rate costanti e periodiche, simili a quelle di un mutuo avente la stessa entità e durata del detto piano di rimborso, lo stesso TAN e la stessa entità, periodicità e costanza delle rate del piano di rimborso. I risultati a cui si perviene sviluppando il piano di ammortamento del suddetto piano rimborso sono assolutamente identici a quelli a cui si perviene sviluppando l’ammortamento del mutuo.

Ciò posto, non può negarsi l’effetto anatocistico dei piani di ammortamento alla francese.

Tale effetto anatocistico proprio del piano di ammortamento alla francese comporta un costo aggiuntivo occulto a carico del mutuatario pari a circa 1/3 in più rispetto al dovuto in un periodo di 10 anni, ove si fosse proceduto al rimborso del prestito mediante un piano di ammortamento con capitalizzazione semplice. Tale prezzo occulto si accresce sensibilmente ove venga rapportato ad un periodo di 20 anni e ancor di più ove lo si rapporti ad un periodo di 30 anni.

Ciò significa, che nei mutui con ammortamento alla francese ricorre, innanzitutto, la violazione dell’art. 1283 c.c., cioè del divieto di anatocismo.

Inoltre, il mutuo o il contratto di finanziamento in genere, a causa del metodo di ammortamento applicato, c.d. “alla francese”, reca un tasso di interesse nominale non corrispondente a quello effettivo applicato, con conseguente evidente discrasia tra i due tassi e nullità del tasso di interesse, in quanto incerto ed indeterminato, anche ai sensi dell’art. 1284 c.c. Più precisamente, il metodo di ammortamento in questione determina un tasso di interesse nominale diverso da quello indicato nel contratto.

In secondo luogo, che il costo occulto e/o latente di fatto applicato al mutuatario, e da questi non concordato, comporta, quale logica conseguenza, l’assoluta incertezza del tasso di interesse di fatto applicato, in palese violazione dell’art. 1284 c.c.

È appena il caso di aggiungere, al riguardo, che a norma dell’art. 1284, 3° comma, c.c. gli “interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto; altrimenti sono dovuti nella misura legale”; con l’ovvia conseguenza che, essendo nullo il tasso di interesse pattuito, perché non corrispondente a quello reale ed effettivo, sarebbero dovuti interessi nella misura legale, salvo il rilievo assorbente della eventuale natura usuraria degli interessi applicati.

Ciò significa, che il prezzo occulto così individuato potrebbe influire sulla determinazione del TAEG del contratto e, dunque, rilevare anche ai fini della verifica della conformità dell’operazione finanziaria alla disciplina anti-usura (i.e. L. n. 108/1996).

In ogni caso, la mera presenza del suddetto prezzo occulto nel contratto di mutuo con piano di ammortamento cd. alla francese può rilevare altresì quale indice rilevatore della sussistenza di un vizio del consenso nel contratto medesimo, posto che le parti, ove avessero avuto contezza del suddetto prezzo occulto, non avrebbero concluso quel contratto alle stesse condizioni, con ogni relativa conseguenza, anche ai sensi dell’art. 1427 c.c.

In altri termini la divergenza tra il “prezzo” del mutuo con applicazione degli interessi capitalizzati con l’interesse semplice, rispetto al “prezzo” ottenibile in capitalizzazione composta, induce a ritenere che può sussistere altresì un cd. “effetto sorpresa” nel cliente, rilevante per l’applicazione della struttura rimediale di cui all’art. 1195 c.c.4

Sotto altro e diverso profilo, sussiste altresì incertezza assoluta circa il criterio stabilito per il calcolo del tasso di interessi.

Si noti, al riguardo, che a norma dell’art. 33 lett. l) Cod. Cons., si presumono vessatorie le clausole che stabiliscono “l’adesione del consumatore a clausole che non ha avuto modo di conoscere prima della conclusione del contratto”.

Più in generale, l’assoluta incertezza circa:

  • l’effettivo tasso di interesse applicato

non può che comportare la nullità tout court delle clausole che disciplinano gli interessi del contratto di mutuo fondiario (o di finanziamento), per violazione di norme imperative. Ed invero, come precisato da recente e condivisibile giurisprudenza, “la violazione dell’obbligo della banca di informare il cliente del TAEG in concreto applicato costituisce violazione di norme imperative inderogabili determinanti nullità del contratto di finanziamento: l’applicazione da parte dell’istituto di credito di tassi ultralegali in assenza di accordo sul tasso effettivamente praticato comporta l’applicazione del tasso sostitutivo BOT ex art. 117 T.U.B.” (così Trib. Chieti, 22 aprile 2015, Est. Ria).

Più precisamente, le clausole in questione sono incompatibili con la causa concreta dell’eventuale contratto di mutuo (o di finanziamento) e/o, comunque, hanno carattere abusivo e vessatorio e come tali, ai sensi degli artt. 1341, 1342 c.c., sono inefficaci non essendo state sottoscritte e/o, in relazione alle disposizioni di cui agli artt. 33 e ss. Cod. Cons., sono affette da nullità, in quanto “determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto” e vanno, quindi, considerate come non apposte, come ha statuito il Tribunale di Milano con la nota sentenza n. 1874 del 12.02.2010.

Pare appena il caso di aggiungere che, la disciplina c.d. “consumeristica” prevede ipotesi di nullità per così dire speciali, che derogano alla normativa generale di cui agli artt. 1418, 1419 e ss. c.c.. Segnatamente, la dottrina più accreditata (Cfr. per tutti P. Stanzione – G. Sciancalepore, Commentario al Codice del Consumo cit.) ha qualificato le ipotesi di nullità di cui agli artt. 33, 34, 36 del codice del consumo (ovvero, di cui agli artt. 1469-bis, 1469-ter, 1469-quater, c.c. nella precedente formulazione), casi di “nullità di protezione”, in quanto tali finalizzati alla tutela esclusiva dell’interesse del consumatore, con conseguente impossibilità che ne possa beneficiare il professionista, nella specie, la Banca.

Dunque, accertata la nullità delle clausole illegittime e/o nulle del contratto di mutuo (o di finanziamento in genere), l’Istituto bancario dovrà provvedere alla restituzione in favore del Mutuatario di tutte le somme ingiustamente ed indebitamente apprese in virtù del rapporto impugnato.

Altro aspetto è poi quello di considerare l’eventuale prezzo o costo occulto derivante dal piano di ammortamento alla francese quale elemento da considerare nella determinazione del TAEG e nella verifica della sua conformità ai Tassi Soglia vigenti tempo per tempo, a far data dalla stipula del negozio.

In proposito va ricordato che l’art. 644 c.p., così come sostituito dall’art. 1 della legge n. 108 del 7.7.1996, al 3° (terzo) comma prevede che: “il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari” venga stabilito dalla legge ed in tal senso vale la pena di ricordare che la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n° 33331/2011 ha da tempo statuito che “…non può certo consentirsi la capitalizzazione di interessi usurari, che, in quanto illeciti, renderebbero nulla qualsiasi pattuizione di capitalizzazione, dalla quale, anzi, potrebbe emergere proprio la usurarietà del tasso applicato…”.

In aggiunta, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno da tempo stabilito che “Il Giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullità contrattuale deve rilevare di ufficio l’esistenza di una causa di quest’ultima diversa da quella allegata dall’istante, essendo quella domanda pertinente ad un diritto autodeterminato, sicché è individuata indipendentemente dallo specifico vizio dedotto in giudizio” (Cfr. Cass. S.U. n° 26242/2014).

Da ultimo, pare opportuno segnalare che la Suprema Corte di Cassazione, con la recentissima Ordinanza del 21/5/2018 n. 12455 della 1° Sezione, ha ribadito che “…le norme che prevedono la nullità di patti contrattuali che determinano la misura degli interessi in tassi così elevati da raggiungere la soglia dell’usura, introdotte con l’art. 4 della l. n. 108 del 1996, pur non essendo retroattive, comportano l’inefficacia ex nunc delle clausole dei contratti conclusi prima della loro entrata in vigore sulla base del semplice rilievo, operabile anche d’ufficio dal giudice, che il rapporto giuridico, a tale momento, non si era ancora esaurito (cfr. fra le più recenti Cass. civ. sez. I n. 17150 del 17 agosto 2016) …”

In conclusione, la prassi bancaria di regolare il rimborso dei mutui mediante la predisposizione di piani di ammortamento cd. “alla francese” non sembra – allo stato – ulteriormente sostenibile.


1: La formula di attualizzazione che determina l’importo della rata costante effettua una distribuzione di quote capitali di importo crescente e di quote interessi decrescenti secondo il regime di calcolo dell’interesse composto. La formula che determina l’importo della rata è la seguente:
R = C · [ i / 1 – 1 / (1 + i)n ]
dove R è la rata, C il capitale iniziale, i il tasso di interesse sul capitale residuo ed n il numero di rate. Il tasso di interesse, solitamente annuale, va eventualmente riportato alla stessa cadenza delle rate (es. se mensili va diviso per 12, se semestrali per 2 e così via).
Ad ogni scadenza è anche possibile ricalcolare la rata ponendo C pari al debito residuo ed n pari al numero di rate non ancora scadute. In questo modo si otterrà sempre la stessa rata costante calcolata all’inizio.

2: In realtà, dal punto di vista della matematica finanziaria, sarebbe più corretto contrapporre al fenomeno della “capitalizzazione degli interessi composti” quello della “attualizzazione degli interessi semplici”.

3: In breve, se la durata del prestito è superiore al periodo di tempo per cui l’interesse viene conteggiato, si parla di tasso di interesse composto, perché vengono conteggiati nel calcolo dell’interesse finale anche gli interessi parziali già maturati per ogni periodo. L’interesse composto si divide in: i) discontinuo annuo; ii) discontinuo convertibile; iii) continuo o matematico.

4: Articolo 1195. Chi, avendo più debiti, accetta una quietanza nella quale il creditore ha dichiarato di imputare il pagamento a uno di essi, non può pretendere un’imputazione diversa, se non vi è stato dolo (1439) o sorpresa da parte del creditore (2726).