La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31649 del 4 dicembre 2019, si è nuovamente pronunciata sull’errata applicazione dell’art. 119, comma 4, T.U.B. da parte delle corti territoriali, chiarendo la portata dell’istituto di protezione del cliente e sottolineandone la sua natura di norma sostanziale piuttosto che processuale.
La norma in esame, invero, riconosce al cliente della banca, al suo successore a qualunque titolo e a colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni il diritto di ottenere copia della documentazione relativa a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni.
Orbene, la Suprema Corte con l’ordinanza in commento ha ribadito ancora una volta che il suddetto disposto normativo deve essere necessariamente interpretato “alla luce del principio di buona fede nell’esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.), nel senso che esso attribuisce ai suddetti soggetti il diritto – ossia una posizione sostanziale finale – di ottenere la documentazione inerente a tutte le operazioni del periodo a cui il richiedente sia in concreto interessato, nel rispetto del limite di tempo decennale fissato dalla norma. A tal fine, non è necessario che il richiedente indichi specificamente gli estremi del rapporto a cui si riferisce la documentazione richiesta in copia, essendo sufficiente che l’interessato fornisca alla banca gli elementi minimi indispensabili per consentirle l’individuazione dei documenti richiesti, quali, ad esempio, i dati concernenti il soggetto titolare del rapporto a cui è correlata la richiesta e il periodo di tempo entro il quale le operazioni da documentare si sono svolte” (Cfr. Cass. n. 13277/2018; Cass. n. 11004/2006).
La Prima Sezione Civile, peraltro, richiama il consolidato indirizzo giurisprudenziale in merito all’applicazione della normativa bancaria evidenziando che è stato plurime volte stabilito dalla stessa Corte di Cassazione che il titolare di un rapporto di conto corrente abbia sempre diritto di ottenere dalla Banca il rendiconto, ai sensi del summenzionato art. 119 TUB, anche in sede giudiziaria, adducendo la sola prova dell’esistenza del rapporto contrattuale, non potendosi ritenere corretta una diversa soluzione sul fondamento del disposto di cui all’art. 210 c.p.c.. “Non può, invero, convertirsi un istituto di protezione del cliente in uno in uno strumento di penalizzazione del medesimo, altri termini, trasformando la sua richiesta di documentazione da libera facoltà a onere vincolante” (Cfr. Cass. n. 3875/2019; Cass. n. 13277/2018; Cass. n. 11554/2017; Cass. n. 21472/2017).
Il Collegio, infine, affronta anche la questione dell’onere probatorio, stabilendo, in primo luogo, che nei rapporti di conto corrente bancario, il correntista che agisce in giudizio per la ripetizione dell’indebito è tenuto alla prova degli avvenuti pagamenti, nonché della mancanza di una valida causa debendi, essendo onerato, altresì, della ricostruzione dell’intero andamento del rapporto: ne consegue che non può essere accolta la domanda di restituzione ove gli estratti conto, attestanti le singole rimesse suscettibili di ripetizione, siano incompleti. La Cassazione, peraltro, stabilisce che nel caso in cui il primo estratto conto disponibile evidenzi un saldo negativo per il correntista, sarebbe errato calcolare i rapporti di dare/avere con la Banca previo azzeramento di detto saldo, “perché ritenuto non provato con la produzione degli estratti conto risalenti alla data di apertura del rapporto”.
Tuttavia, la stessa Corte, afferma che, in ossequio ai principi generali in tema di onere della prova, l’istituto, “che intende far valere un credito derivante da un rapporto di conto corrente, deve provare l’andamento dello stesso per l’intera durata del suo svolgimento, dell’inizio del rapporto e senza interruzioni” (Cfr. Cass. n. 23313/2018; Cass. n. 9365/2018).
Ciò posto, in presenza di una domanda riconvenzionale proposta dalla Banca, finalizzata ad ottenere il pagamento dei saldi passivi intrattenuti con il cliente, l’onere della produzione documentale degli estratti conto grava su quest’ultima, tant’è che l’Ordinanza in commento accoglie sul punto il ricorso degli utenti bancari.
La Suprema Corte, pertanto, nel caso in questione, accogliendo le doglianze del cliente sia in merito all’errata applicazione dell’art. 119 T.U.B., sia in merito all’onere probatorio degli estratti conto, ha confermato importanti precedenti giurisprudenziali, ribadendo la ratio dell’art. 119 TUB quale istituto di protezione a tutela del cliente bancario.